Società

Scoperta la più antica galassia quiescente mai osservata

di Redazione

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Un’importante scoperta è stata fatta dagli studiosi dell’Università di Edimburgo e dell’Università di Bologna, che hanno identificato la più antica galassia quiescente â€“ cioè che non forma più stelle – finora conosciuta, fornendo nuovi indizi sul rapporto tra buchi neri e formazione stellare. La nuova galassia è stata battezzata con il nome di GS-9209 ed è stata osservata 1,25 miliardi di anni dopo il Big Bang.

Utilizzando il James Webb Space Telescope, i ricercatori hanno scoperto che GS-9209 ha una massa stellare simile a quella della Via Lattea ed è già terminata la formazione di nuove stelle da circa mezzo miliardo di anni. Ciò ha permesso loro di evidenziare la correlazione tra la presenza di buchi neri supermassicci nel centro della galassia e l’inibizione della formazione stellare.

GS-9209 ha una forma sferoidale, a differenza della Via Lattea che è a spirale, ed è estremamente compatta, essendo circa 10 volte più piccola della nostra galassia. La sua formazione è avvenuta tra 600 e 800 milioni di anni dopo il Big Bang. La galassia si trova in uno stato di quiescenza a causa della presenza di un buco nero supermassiccio nel suo centro, con una massa compresa tra mezzo miliardo e un miliardo di volte quella del Sole.

La scoperta è significativa perché fornisce un’ulteriore prova che la presenza di buchi neri supermassicci influisce sulla formazione stellare nelle galassie. La crescita di tali buchi neri rilascia enormi quantità di energia che riscalda e spinge via il gas presente nella galassia, impedendo la formazione di nuove stelle.

Secondo Andrea Cimatti, uno degli autori dello studio e direttore del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna, GS-9209 rappresenta la galassia quiescente massiccia più vicina al Big Bang mai osservata. Le sue caratteristiche indicano una crescita rapida attraverso una formazione stellare estremamente intensa, supportando le ipotesi precedenti sulla formazione delle galassie sferoidali.

La scoperta è stata resa possibile grazie al James Webb Space Telescope, che ha consentito agli scienziati di esplorare l’universo in epoche sempre più remote. Questa osservazione ha fornito nuove informazioni sulle prime fasi di formazione delle galassie e sul ruolo dei buchi neri supermassicci in questo processo.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature con il titolo “A massive quiescent galaxy at redshift 4.658” e ha coinvolto, oltre ad Andrea Cimatti, professore dell’Università di Bologna, ricercatori dell’Università di Edimburgo, dell’Università di St. Andrews e dell’Università della Californa.

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