Uno degli interrogativi fondamentali delle neuroscienze del linguaggio è quello di comprendere come la nostra competenza linguistica emerga durante la primissima infanzia e come essa possa, poi, completarsi nelle successive fasi di sviluppo. L’interazione tra il segnale linguistico in input e l’insieme delle predisposizioni neuro-cognitive nella mente-cervello del bambino costituiscono l’articolato campo di ricerca all’interno del quale studiare l’emergere di tale competenza. Il segnale linguistico in input nel bambino può essere per esempio il motherese, cioè il linguaggio fatto di frasi semplici e ripetute che la madre rivolge al neonato, o comunque la lingua madre che crea l’ambiente linguistico circostante. Le predisposizioni neuro-cognitive nella mente-cervello del bambino sono l’insieme dei fattori biologici che garantiscono l’emergere della competenza linguistica.
In termini teorici, sappiamo che il segnale linguistico è un insieme complesso di informazioni di natura sia fisica (per esempio il suono delle parole) che più astratta (il significato o la funzione grammaticale delle stesse) che il parlante adulto rapidamente integra al fine di decodificare efficacemente il messaggio comunicato. Considerazioni analoghe valgono, ovviamente, anche per tutte quelle lingue veicolate attraverso altre modalità , come quella dei segni. Capire una semplice espressione verbale come, ad esempio, “la bambina mangia la mela“, vuol dire dunque essere in grado di attivare tutta una serie di processi cognitivi via via più complessi che, semplificando, corrispondono alla capacità di: scomporre il segnale fonetico in ingresso in elementi più semplici (le parole) attraverso le pause e altre proprietà acustiche, come l’intonazione prosodica; accedere alla dimensione lessicale e semantica della parola (la mela è un frutto, che cresce sugli alberi, commestibile, etc.); assegnare funzioni sintattiche alle parole (soggetto, verbo, oggetto) in base a diversi fattori, come ad esempio la posizione che le stesse occupano nella frase, la presenza di parole-funzione con le quali formano unità sintagmatiche (articoli, preposizioni, etc.) o i campi semantici espressi dal verbo.
La domanda sulla quale si basa questo primo breve articolo è quale possa essere la competenza linguistica di partenza nel neonato. Un’ipotesi che discutiamo qui è che le predisposizioni neuro-cognitive che permettono al bambino di percepire il segnale acustico come input di natura linguistico, emergano già nelle ultime fasi della gestazione all’interno dell’utero materno.
Un primo studio longitudinale ha scoperto che l’esposizione continua alla voce materna nelle ultime sei settimane di gravidanza influenza il comportamento del neonato già nei primissimi giorni di vita, suggerendo che nelle fasi finali della gravidanza il feto sia già in grado di mostrare ricettività percettive a specifici stimoli esterni1.
Un secondo studio sull’analisi prosodica dei vagiti dei neonati con circa tre giorni di vita ha mostrato come la melodia di tali vagiti rifletta il contorno prosodico della propria lingua-madre: i neonati francesi, esposti ad una lingua con contorno melodico ascendente producono vagiti con contorno melodico ascendente; i neonati tedeschi, esposti ad una lingua con contorno melodico opposto producono vagiti con contorno melodico discendente2. Ciò mostra come i feti siano capaci di riconoscere e memorizzare il contorno prosodico della propria lingua già all’interno dell’utero materno.
A conferma di tale analisi, un terzo studio ha, infine, usato la risonanza magnetica funzionale per osservare l’attività metabolica del cervello linguistico del neonato di appena due giorni di vita, scoprendo come i pattern neuronali delle aree temporali superiori deputate al riconoscimento acustico siano già attive in risposta a stimoli linguistici nella propria lingua madre3.
Gli ultimi stadi dello sviluppo prenatale e la primissima fase post-natale costituiscono, dunque, una fondamentale finestra temporale per comprendere l’emergere delle più primitive capacità linguistiche del bambino e le corrispondenti predisposizioni neuro-cognitive.
Fonti:
1. DeCasper, A. J. & Spence, M. J. Prenatal maternal speech influences newborns’ perception of speech sounds. Infant Behav. Dev. 9, 133–150 (1986);
2. Mampe, B., Friederici, A. D., Christophe, A. & Wermke, K. Newborns’ Cry Melody Is Shaped by Their Native Language. Curr. Biol. 19, 1994–1997 (2009);
3. Perani, D. et al. Neural language networks at birth. Proc. Natl. Acad. Sci. U. S. A. 108, 16056–16061 (2011).

Emiliano Zaccarella è un neuroscienziato cognitivo e group leader del dipartimento di neuropsicologia presso il Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Leipzig, in Germania. Il suo lavoro consiste nello studiare come i processi corticali siano responsabili della nostra competenza linguistica e di come questa abilità sia emersa nella nostra specie.
La sua pagina personale: https://sites.google.com/view/emilianozaccarella