“Le motto de interlingua es communication sin frontieras”. La comprensione di questa frase è possibile se si rientra tra le 1.2 miliardi di persone che parlano una lingua romanza, cioè evoluta dal latino volgare tra il terzo e l’ottavo secolo, che include italiano, spagnolo, portoghese, francese, romeno, ma anche dialetti come catalano, lombardo o sardo.
L’interlingua è un idioma ausiliario internazionale, nato per opera della International Auxiliary Language Association (IALA), attorno al 1951, dopo oltre 15 anni di studi, con lo scopo di favorire la comprensione, indipendentemente dalla lingua madre, di numerosi articoli e pubblicazioni, e facilitarne la diffusione e lo scambio. Questo progetto riconosceva l’esistenza di un vocabolario comune delle principali lingue romanze – grazie anche all’importante derivazione dal latino e dal greco – e mirava a estrarre e standardizzare le parole più diffuse.
Oggi, su TikTok, i video con l’hashtag #interlingua sono stati visti più di 18.3 milioni di volte grazie al lavoro di Carlos Valcárcel Riveiro, alias @orlophe_vauchertres, professore e ricercatore presso l’Università di Vigo in Spagna che, con più di 200 mila followers e quasi 2.5 milioni di “Mi piace”, ha utilizzato sin dal 2020 questo social network per interagire con i suoi studenti.
Valcárcel Riveiro, lei è docente universitario, ormai diventato influencer. Come è avvenuta questa trasformazione del suo lavoro?
«In realtà, non mi considero un influencer, ma un divulgatore scientifico e un docente di lingue. Oltre a condurre ricerche per il Dipartimento di Filologia a diversi livelli, formo insegnanti di scuola materna, primaria e secondaria sull’insegnamento delle metodologie, didattica delle seconde lingue, lessicografia e socio-politica linguistica. È stata la mia Università a incoraggiarmi a sviluppare contenuti su ciò che insegno, un modo per parlare di lingue romanze, di geolinguistica romanza, dialetti, varietà e confini linguistici. Ne approfitto anche per ascoltare i suggerimenti dei miei followers, provenienti da tutto il mondo, ma soprattutto dai paesi romanici.
Mi sono iscritto su TikTok per fare un esperimento con i miei studenti e per osservare come brevi video potessero migliorare la fluidità in una determinata lingua. Gli studenti iniziali erano quelli di francese: volevo proporre loro una challenge per migliorare la fluency attraverso video della durata massima di 30 secondi. La “sfida” sarebbe durata un mese. Non potendo farlo in francese, dato che lo parlo fluentemente e quindi era impossibile calcolarlo, ho pensato di svilupparlo con l’interlingua. Ho pensato: “Se realizzo un video in un linguaggio popolarmente diffuso, c’è una possibilità di pubblico e interazione. Ma se lo faccio in interlingua, nessun altro sarà interessato, l’algoritmo non lo riconoscerà, lo ignorerà”. All’inizio, quindi, l’obiettivo era pubblicare post per i miei studenti ed ex studenti. Così è stato, ho iniziato a produrre video, il quarto dei quali è diventato virale.
Finita la challenge, ho parlato con l’università, che ha riconosciuto e finanziato il mio lavoro. È stata la prima volta che un’università galiziana ha promosso un lavoro di divulgazione di questa tipologia di un professore».
Che cos’è l’interlingua?
«L’interlingua nasce tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, in contemporanea con la nascita dell’esperanto, motivo per cui sono considerate lingue sorelle, in un’epoca che vide anche la nascita di altre lingue, come l’ido e il volapük, per esempio.
C’era ottimismo scientifico ma anche linguistico e un’ideologia positivista, si pensava che il progresso avrebbe salvato l’umanità e che una lingua unica per tutti sarebbe stata la speranza per il mondo. In questo scenario l’interlingua è nata per iniziativa della statunitense Alice Vanderbilt Morris che, seppur parlasse l’esperanto, riteneva che la perfetta lingua universale avrebbe dovuto essere sviluppata da specialisti. Per questo, con il sostegno di eminenti linguisti dell’epoca come André Martinet, fondarono la IALA per esaminare quante più proposte possibili per le lingue scientifiche esistenti, eleggere la più appropriata e, se necessario, migliorarla. I lavori iniziarono nel 1924, ma Alice morì nel 1950, prima della pubblicazione definitiva della lingua tra il 1951 e il 1954, con la sua prima grammatica e dizionario. È stato pubblicato da Alexander Gode e, sebbene gli sia stata attribuita la fama, l’opera è frutto di un lavoro di gruppo.
Diversamente dall’esperanto, considerato una lingua popolare, l’interlingua era l’idioma degli intellettuali, pensata soprattutto per i comitati scientifici. Dopo i lavori della Vanderbilt, c’è stata una propagazione internazionale, con la nascita dell’Unione mondiale per l’Interlingua (UMI) – Union Mundial pro Interlingua».
Dove si parla l’interlingua?
«È molto difficile rispondere, perché fino a poco tempo fa era una lingua perlopiù scritta data l’assenza di internet, e ancora oggi in molti la scrivono ma pochi la parlano. Questo perché tutti possono capire l’interlingua, senza conoscerla, ma poi c’è chi è capace di scriverla e chi può sia parlarla che scriverla. Oggi sta crescendo molto, con la popolarità dei social network, soprattutto con i messaggi vocali di WhatsApp e Telegram».
Cosa consiglia a chi vuole impararla?
«Di apprezzare questa lingua. Molti professionisti sono interessati a scrivere in interlingua perché è stata sviluppata per questo scopo. Proprio oggi un’infermiera mi ha chiesto dove può imparare velocemente per il suo lavoro, dato che ha pazienti che parlano spagnolo e italiano, ma parlano poco l’inglese. Pertanto, raggiungerebbe entrambi, senza dover imparare entrambe le lingue.
Consiglio di guardare video e leggere testi, articoli, blog specifici: ad esempio, esiste una versione interlingua di Wikipedia. Più leggi, più imparerai. Arriva un momento in cui, senza accorgertene, stai già scrivendo, perché la grammatica è davvero facile. E, per parlare, è importante prima esercitarsi a scrivere. Abbiamo gruppi di conversazione per principianti nelle app di messaggistica, con contenuti forniti da volontari. Il lessico è un lessico comune: una parola o un’espressione che esiste in italiano, ma non presente nelle altre lingue romanze, non esisterà in interlingua. Pertanto, verrà impiegato un sinonimo comune a tutte le lingue. Ad esempio, l’espressione “guardare un video” in italiano non verrà utilizzata in interlingua. Di solito diciamo “spectar un video”, perché abbiamo in comune il verbo spettare».
Qual è l’importanza dell’interlingua nel campo della scienza?
«L’interlingua è stata concepita da e per professionisti scientifici: ad esempio, quando i medici in missione hanno bisogno di comunicare con la popolazione locale, motivo per cui è chiamata lingua ausiliaria. L’obiettivo non era una lingua che diventasse lingua nativa, ma una lingua da comprendere rapidamente in contesti professionali per chi lavora in giro per il mondo. Non ci si aspettava che le persone cambiassero la lingua locale con l’interlingua, ma che la capissero e avessero una comunicazione fluida. A differenza dell’esperanto, che vuole essere una lingua ufficiale, lo scopo dell’interlingua è quello di essere una lingua ausiliaria. Non sono previsti madrelingua».
In una delle sue ricerche tratta dell’evoluzione del concetto di spazio linguistico. Qual è la differenza tra la dialettologia e la geolinguistica?
«La dialettologia è all’interno della geolinguistica, racchiude tutto ciò che ha una relazione tra lingua e territorio, lingua e luogo. Una parte della dialettologia ha un piede nella sociolinguistica, poiché molti dei fattori in questa variazione non sono solo territoriali, ma anche sociali. Perché le classi e i gruppi sociali esistono e il segno distintivo di ciascuno è proprio la lingua nella sua diversificazione, dalle zone più disagiate a quelle più benestanti, per esempio. La dialettologia si trova, quindi, a cavallo tra geolinguistica e sociolinguistica».
Riesce a immaginare un mondo in cui tutti parlano la stessa lingua?
«Impossibile, proprio come non ci saranno mai due persone uguali, dato che non siamo robot. Quando qualcuno studia scienze umane è essenziale capire che l’umanità vive una continua e costante innovazione nel cambiamento. Per questo non avremo mai una sola lingua. Quando viene imposta una sola lingua, può succedere che finisca per dividersi. Come è successo al latino, probabilmente succederà all’inglese. Quando abbiamo riunioni internazionali e lo parliamo, ad esempio, è sempre presente un madrelingua e, se qualcuno fa uso di espressioni dialettali, chiediamo di parlare inglese internazionale. Così come l’interlingua, impariamo l’inglese per comunicare a livello internazionale, come lingua ausiliaria.
È un problema di shock culturale: per questo è importante educarsi all’interculturalità, fin dall’infanzia, imparando tante lingue e culture, ad affrontare le situazioni, a convivere con persone che a volte non ci capiscono, con manifestazioni diverse».

Carlos Valcárcel Riveiro è un docente e ricercatore esperto in linguistica, didattica delle seconde lingue e lessicografia. È professore ordinario presso la Facoltà di Scienze della Formazione e dello Sport dell’Università di Vigo, in Spagna, ed è dottore in filologia romanza e specialista in lingua francese. Insegna in diversi master, tra cui l’European Master of Lexicography (EMLex), ed è membro della rete RELEX Lexicography and Didactics e del gruppo di ricerca dei progetti PORTLEX, MultiGenera e MultiComb. È attivo sui social network, dove promuove l’interlingua, ed ha più di 200 mila follower e quasi 2.5 milioni di “Mi piace”.