Medicina

«Se il sonno viene a mancare, fa crollare tutto il resto»

di Redazione

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In Italia, circa una persona adulta su quattro soffre di insonnia cronica o transitoria. Riconoscere i segnali iniziali di un disturbo del sonno, come difficoltà nell’addormentarsi, frequenti risvegli notturni, risvegli precoci al mattino e difficoltà a riprendere il sonno sono sintomi chiave da monitorare attentamente, è essenziale per prevenire problemi di salute potenzialmente seri.

Le donne sono particolarmente colpite, rappresentando circa il 60% dei casi totali. Il 20% riguarda invece bambini e adolescenti. Secondo gli esperti, queste cifre si sono addirittura raddoppiate nell’anno della pandemia da COVID. Nel nostro Paese, infatti, 12 milioni di persone soffrono di insonnia e disturbi del sonno, 7 milioni di italiani soffrono di apnee ostruttive del sonno e si stima che circa 2.500 pazienti siano in cura per la narcolessia, mentre molti altri casi rimangono non diagnosticati. In sostanza, il disturbo del sonno è tutto tranne che raro.

Per parlare su questo problema, abbiamo intervistato il Dott. Pierluigi Innocenti, neurologo, uno dei fondatori e attualmente presidente di Assirem. ETS (Associazione Scientifica Italiana per la Ricerca e l’Educazione nella Medicina del Sonno), ente no profit nato nel 2013 per contribuire alla ricerca scientifica sulle patologie dei disturbi del sonno, alla loro prevenzione e cura e alla divulgazione di una corretta cultura del sonno restituendo al riposo quel ruolo fondamentale per la qualità della vita e della salute.

Quali sono le cause più comuni di disturbi del sonno, e come possono essere trattati?
«I disturbi del sonno sono molteplici. Nella classificazione internazionale sono stati individuati circa 80 tipi di disturbi del sonno. Il principale è, ovviamente, l’insonnia, seguita dai disturbi respiratori durante il sonno, in particolare le apnee del sonno.

Le cause dell’insonnia sono varie e includono fattori genetici, ambientali, stili di vita e psicologici. In breve, l’insonnia è una disfunzione influenzata da molti fattori, incluso un disturbo del ritmo circadiano, che è piuttosto comune soprattutto tra le giovani generazioni. In sostanza, stiamo diventando sempre più desincronizzati rispetto al nostro orologio biologico e abbiamo un po’ dimenticato le leggi che regolano la nostra biologia.

Quindi non si può parlare di una singola causa, ma di differenti fattori che possono scatenare o cronicizzare l’insonnia. Anche la luce ha un ruolo estremamente importante. La maggior parte di noi trascorre le giornate in ambienti non esposti alla luce naturale; di conseguenza, il nostro orologio interno tende a desincronizzarsi perché la luce è l’elemento fondamentale per mantenere sincronizzato il nostro orologio interno con l’orologio ambientale».

Come influenza la qualità del sonno sulla salute mentale e fisica di una persona?
«Il sonno è un elemento fondamentale per la salute, sia mentale che fisica. Ci accorgiamo immediatamente, dopo una notte insonne, che la nostra capacità di attenzione, concentrazione e memoria diminuisce notevolmente il giorno successivo, oltre alla faticabilità fisica. L’umore tende ad essere più depresso e spesso ci sentiamo più irascibili, il che può influire negativamente sui nostri rapporti sociali. Questi sono gli effetti dell’insonnia acuta.

Un’insonnia cronica, che persiste per un lungo periodo, ha ripercussioni multiple sulla salute fisica e mentale. Dal punto di vista mentale, il sonno è fondamentale per il consolidamento della nostra memoria. Inoltre, durante la notte, il cervello si libera delle scorie accumulate durante il giorno, quindi se non dormiamo, abbiamo un rischio molto più elevato di sviluppare un decadimento mentale e una demenza. Aumenta inoltre il rischio di sviluppare patologie psichiatriche quali ansia e depressione ma anche crisi psicotiche.

Il corpo risente dell’insonnia da molteplici punti di vista. Dal punto di vista cardiocircolatorio, chi non dorme tende ad avere un’iperattività simpatica, che porta ad un aumento della pressione arteriosa e a problemi cardiaci che vanno dalle aritmie, all’infarto, allo scompenso cardiaco. Inoltre, disturbi metabolici come l’obesità e il diabete sono direttamente correlati al deficit di sonno. Pertanto, se vogliamo evitare di sviluppare il diabete, è importante cercare di dormire bene, e per i diabetici, dormire bene significa anche mantenere sotto controllo i livelli di glicemia.

Dal punto di vista immunitario, dormire bene potenzia le nostre difese immunitarie, come dimostrato anche durante la pandemia di COVID-19. Questo non riguarda solo la risposta alle infezioni, ma ad esempio, il sistema immunitario è anche fondamentale nella prevenzione dello sviluppo dei tumori. Se il sistema immunitario non funziona correttamente, abbiamo una maggiore tendenza a sviluppare tumori. Pertanto, le ripercussioni dell’insonnia si estendono a molteplici aspetti del nostro organismo.

In conclusione, il sonno ha un effetto omeostatico sull’intero organismo, e quindi, tutte le parti del corpo ne risentono».

Quali sono i miti più comuni associati al sonno, e cosa si dovrebbe sapere per migliorare la propria qualità del sonno?
«Di miti ce ne sono tanti sul sonno, anche miti in senso negativo, perché ad esempio, è comune pensare che il sonno non serva a niente. C’è un proverbio latino che dice che il sonno è il fratello della morte, perciò “dormirò quando morirò”, ed è un altro modo per dire che sostanzialmente c’è una tendenza a considerare il sonno solo come un momento di ristoro. La scienza ci sta dimostrando che durante il sonno, anche se sembra che non stia succedendo nulla, avvengono numerose funzioni indispensabili per il benessere fisico il giorno dopo, ma anche per la nostra salute a lungo termine. Quindi bisogna riconsiderare il sonno, non come un momento di vita perso, ma come un momento fondamentale e alla base del nostro benessere. Non solo l’attività fisica o l’alimentazione sono fattori importanti, ma anche il sonno, che è un altro elemento che, se viene a mancare, fa crollare tutto il resto».

Quali sono le principali sfide che si presentano nella ricerca sulla medicina del sonno, e come si sta lavorando per superarle?
«Ancora sostanzialmente non abbiamo una risposta definitiva, ad esempio, sul perché dormiamo. Nonostante trascorriamo il 30% della nostra vita dormendo, sono state ipotizzate varie teorie sulle funzioni del sonno, ma probabilmente non sarà mai facile trovare una risposta definitiva sul perché. In fondo si è scoperto che il sonno è importantissimo in ogni aspetto delle nostre funzioni biologiche; quindi non c’è una semplice definizione che può racchiudere il motivo per cui dormiamo.

La scienza, ovviamente, evolve man mano che passano gli anni, soprattutto negli ultimi decenni, perché la medicina del sonno è una scienza relativamente recente. Fino a novant’anni fa, il sonno era solo oggetto di un’interpretazione soggettiva. Da allora, c’è stato uno sviluppo nella ricerca scientifica che ha permesso di evidenziare le numerose funzioni che svolge il sonno. Tuttavia, questo è ancora un argomento in evoluzione che non ha raggiunto una definizione esaustiva del perché dormiamo».

In base agli avvenimenti degli ultimi anni, quale impatto il COVID-19 ha causato sul sonno?
«Noi abbiamo anche svolto un lavoro che è stato pubblicato, in cui abbiamo condotto un’indagine confrontando il mese prima e il mese successivo all’insorgenza del COVID. Abbiamo riscontrato un netto peggioramento del sonno delle persone. Questo è stato causato non solo dall’aumento dello stato d’ansia, che è notoriamente correlato alla situazione, e quindi l’ansia stessa è un fattore che tende a disturbare il sonno. Inoltre, il COVID ci ha costretti a rimanere reclusi in casa, modificando i ritmi della nostra vita. Poiché il sonno è uno di questi ritmi, ha perso la sua regolarità. Forse avevamo più tempo per dormire, ma mancava la regolarità quotidiana a cui eravamo abituati. Quindi anche questi cambiamenti comportamentali hanno influito negativamente sul sonno. Facevamo meno attività fisica perché non potevamo uscire, quindi diversi fattori hanno contribuito negativamente».

Quali sono le linee guida per una corretta igiene del sonno, e come queste possono essere integrate nella vita quotidiana?
«Diciamo che le regole per poter riprendere un buon rapporto con il sonno sono molteplici. Ne sottolineo alcune: innanzitutto, se vogliamo dormire bene, dobbiamo anche considerare le nostre attività diurne, perché il giorno influenza la notte e viceversa. Quindi, in sostanza, sarebbe molto importante fare una passeggiata di mezz’ora al mattino, in modo da sincronizzare il nostro orologio biologico con il ritmo della vita su questo pianeta e fare un po’ di attività fisica, che notoriamente aiuta anche il sonno.

Durante il giorno, dobbiamo prestare attenzione anche al nostro regime alimentare, non solo alla qualità del cibo, ma anche agli orari in cui mangiamo. È importante evitare di assumere troppe sostanze eccitanti, come ad esempio il caffè. Inoltre, la sera dovremmo cercare di limitare l’uso di dispositivi elettronici, poiché la loro luce può influire negativamente sulla produzione di melatonina da parte del nostro cervello. Sarebbe meglio leggere un libro o dedicarsi ad attività più rilassanti che preparano il corpo per il sonno. È anche consigliabile andare a letto e alzarsi ad orari piuttosto regolari, poiché il sonno ha un ritmo e noi dovremmo cercare di mantenerlo.

Spesso, nella nostra vita quotidiana, magari la sera facciamo tardi e la mattina ci alziamo tardi, oppure durante il weekend tendiamo a modificare il nostro ritmo di sonno. Tuttavia, sarebbe meglio cercare di mantenere un ritmo costante».

Quali sono i progressi più significativi che si sono fatti nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi del sonno negli ultimi anni?
«Sul trattamento farmacologico, che comunque non rappresenta la soluzione definitiva al problema, poiché i farmaci sono uno strumento per favorire il ripristino di un ritmo più regolare, è importante considerare che in alcune circostanze possono essere utili, mentre in altre possono essere controproducenti. Inoltre, le molecole più recenti non rappresentano necessariamente un miglioramento nella gestione dell’insonnia. L’insonnia è principalmente trattata attraverso la terapia cognitivo-comportamentale, che è un percorso psicoeducativo in cui le persone vengono educate sia dal punto di vista comportamentale che dal punto di vista psicologico.

Nella terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia, si lavora per modificare i comportamenti e liberare l’individuo da pensieri disfunzionali che spesso ostacolano il sonno. Ad esempio, le persone affette da insonnia tendono a mantenere il cervello molto attivo anche durante le ore notturne o, se si svegliano di notte, iniziano a pensare in modo ossessivo al sonno, il che sicuramente non favorisce il riaddormentamento.

È importante comprendere che, in realtà, è il sonno stesso a comandare, mentre l’insonne spesso pretende di dormire o desidera dormire. Quindi dobbiamo accettare la sua autorità e adottare un atteggiamento distaccato. Più riusciamo ad accettare questa dinamica, maggiori sono le possibilità di recuperare il sonno. Pertanto, molte informazioni utili derivano anche dall’approccio comportamentale, che aiuta a ripristinare una funzionalità del sonno più naturale, andando oltre l’uso dei farmaci».

Tutti noi abbiamo la necessità di dormire sette o otto ore? E ci sono benefici o conseguenze nel fare il riposino dopo pranzo?
«Non tutti abbiamo lo stesso fabbisogno di sonno, anche se la maggior parte delle persone rientra in quella fascia di 7-8 ore. Alcuni hanno bisogno di più o meno ore di sonno, a seconda della propria genetica. Ci sono i brevi dormitori che possono dormire solo sei ore, e i lunghi dormitori che necessitano di oltre dieci ore. Albert Einstein era un lungo dormitore, e sembra che sia andato bene anche a lui, insomma. Inoltre, la nostra genetica condiziona sia il momento in cui andiamo a dormire, perché ci sono persone che vanno a dormire presto come le allodole, e altre che vanno a dormire tardi come i gufi. Quindi, non possiamo dare gli stessi consigli a tutti. Il tipo di sonno va personalizzato, così come il trattamento dell’insonnia, perché bisogna comprendere le caratteristiche specifiche di ogni persona.

Sul riposino dopo pranzo, lo faccio quando posso, quasi sempre. Anzi, l’ho scoperto proprio quando ho cominciato ad interessarmi al sonno. Ho notato che molti lo consigliavano e lo praticavano. Jacques Chirac, ex presidente francese, faceva sempre il pisolino, anche quando era presidente, perché 20 minuti di riposo ricaricano in modo potente per il pomeriggio. L’ho provato ed ha avuto questo effetto, quindi continuo a farlo finché posso, l’importante è non esagerare. Cioè, non devo dormire troppo a lungo. Il riposino serve a spegnere brevemente i centri della veglia per poi riaccenderli. Questo aiuta moltissimo a recuperare la concentrazione e l’attenzione, mi sento molto più produttivo anche durante le ore pomeridiane».




Pierluigi Innocenti è neurologo, uno dei fondatori e attualmente presidente di Assirem. ETS (Associazione Scientifica Italiana per la Ricerca e l’Educazione nella Medicina del Sonno). È autore di circa 100 pubblicazioni scientifiche e fu invitato come relatore a numerosi congressi e convegni nazionali, presentando diversi lavori di ricerca clinica sia in ambito nazionale che internazionale. Si è laureato in medicina e chirurgia presso l’Università di Roma “La Sapienza” e ha ottenuto una specializzazione in neurologia presso la stessa università. Da diversi anni si dedica principalmente alla medicina del sonno, sia dal punto di vista clinico che diagnostico.

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